Buongiorno miei carissimi lettori, come state? Oggi vi porto la recensione de "Il capofamiglia" di Ivy Compton Burnett
Il libro mi è stato fornito in anteprima dalla casa editrice, ma questo non ha influito sul mio giudizio finale.
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Il patriarcato trova la sua più fedele espressione nella figura di Duncan Edgeworth: padre tirannico, anaffettivo e lunatico, è il capofamiglia per antonomasia. Attorno a lui si muovono, atterriti o solleticati dal desiderio di sfida, i membri della sua famiglia: la moglie Ellen, naturalmente dimessa e timorosa, le due figlie ventenni Nance e Sybil, tanto egocentrica e sarcastica l’una quanto affettuosa e remissiva l’altra, e infine il nipote Grant, giovane donnaiolo dotato di grande spirito, costantemente in competizione con lo zio, di cui è il perfetto contraltare. Nella sala da pranzo degli Edgeworth va in scena quotidianamente una battaglia su più fronti: sotto il velo di una conversazione educata, si intuiscono tensioni sotterranee e si consumano battibecchi, giochi di potere, veri e propri duelli a suon di battute glaciali: «non stiamo semplicemente facendo colazione». Fino a quando la famiglia viene colpita da un lutto improvviso, che mescola le carte in tavola innescando una reazione a catena; strato dopo strato, ognuno dei personaggi svelerà la sua vera natura, in un crescendo di trasgressioni che comincia con l’adulterio e culmina con l’efferatezza.
Acume, sagacia, drammi familiari e dialoghi al vetriolo: il meglio di Ivy Compton-Burnett concentrato in un romanzo finora inedito in Italia, che lei stessa considerava il suo preferito. Un tassello importante nella produzione di un’autrice fondamentale del Novecento inglese, amata dai più grandi scrittori: nei suoi diari, Virginia Woolf definiva la propria scrittura «di gran lunga inferiore alla verità amara e alla grande originalità di Miss Compton-Burnett».
Il romanzo è ambientato in una casa di campagna del diciottesimo secolo dove vive la famiglia Edgeworth. "Il capofamiglia" inizia con la colazione della mattina di Natale. Marito e moglie aspettano impazienti che i figli scendano per scartare i regali. In questa scena conosciamo tutti i membri della famiglia Edgeworth. Duncan Edgeworth è un uomo serio e intransigente ed emotivamente distaccato. Guida la sua famiglia con il pugno di ferro ed è sempre lui ad avere l'ultima parola. Ellen, moglie sottomessa e timorosa del marito. Le due figlie Nance e Sybil, completamente diverse tra loro e il nipote Grant, figlio del fratello di Duncan.
Siamo subito partecipi ad una conversazione educata che cela, tramite battute sarcastiche, i veri sentimenti dei protagonisti. Sono presenti sottili battibecchi e giochi di potere tra i figli e Duncan. Lui ha sempre ragione; quello che dice lui è e deve essere legge per tutta la famiglia.
L'improvvisa scomparsa della moglie scombinerà tutte le carte in tavola, tanto da far risvegliare i personaggi come se fossero sempre stati in balia di un anomalo letargo.
«Ora ho perso entrambi i genitori. La scomparsa di mia madre non è più definitiva di quella di mio padre. Ora al suo posto c’è un uomo nuovo, un marito affettuoso ai limiti della monotonia. Temo anzi che da un momento all'altro inizi a farsi una colpa di questo…».
I figli iniziano a ribellarsi alla tirannia del padre in un susseguirsi di vicende che assomigliano proprio ad un fiume in piena. Vi siete immaginati la metafora? Ecco, allora potete capire quanti disastri possa creare un fiume in piena e associarli alle vicende del libro.
Ivy Compton Burnett è conosciuta come scrittrice per trattare temi di famiglie conflittuali. In questo romanzo, sorge il grande tema del "capo famiglia". Duncan è estremamente convinto di essere una guida totalitaria per la propria famiglia.
“E’ mio dovere fare tutto il possibile per guidarvi, o per forzarvi, se necessario, verso la retta via. Se non lo facessi, non potrei sopportarne le conseguenze. … Io devo fare tutto quello che è in mio potere”.
Le vicende vengono narrate praticamente solo da dialoghi freddi, in cui le parole assumono le vesti di armi per difendersi. I personaggi imbastiscono dialoghi all'apparenza educati e civili, ma con sottili critiche e ricchi di cinismo. I sentimenti dei protagonisti non sono mai manifestati, ma si nascondono anch'essi nei dialoghi.
Questo aspetto può creare qualche problema nell'immedesimazione del lettore, ma ho trovato la struttura del romanzo magistralmente costruita. La penna di Ivi Compton-Burnett è strabiliante e dalla complessità dei dialoghi che celano tante verità, sensazioni, guerre di potere, odio e complicità, si capisce la sua bravura. Un altro aspetto che ho apprezzato particolarmente è stato lo stile di scrittura che ha fatto da sfondo ai dialoghi. Vorrei poter leggere più libri scritti così.
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